Le tendenze all’acquisto da parte del consumatore medio stanno mutando a una velocità mai vista prima: salubrità del prodotto, rapporto qualità-prezzo, origine certificata, sono parole che oggi hanno una percezione anche molto diversa rispetto a pochi anni fa e questo per motivi diversi. Cionondimeno il packaging rimane il primo biglietto da visita di un prodotto, la facciata che si presenta al potenziale acquirente: certo se dietro alla facciata poi c’è poco, un buon packaging può servire a ben poco, ma oggi più che mai è lecito chiedersi quale peso strategico ha il packaging nella distribuzione moderna.
Il rapporto Nomisma a Marca
Una questione cui ha cercato di dare risposta nei giorni scorsi il rapporto Nomisma sul packagin nel largo consumo presentato a Bologna nel corso dell’edizione 2025 di Marca: in un contesto dove la media degli italiani si dichiara disposta a un maggiore esborso economico ma per le cosiddette spese obbligate -come cibo, utenze, salute e carburante-, quando si fa la spesa l’attenzione alla sostenibilità e al benessere, almeno a parole, rimane elevata: tanto che il 38% dei consumatori si dice disponibile anche a modificare in tutto o in parte il proprio stile di vita per renderlo maggiormente sostenibile. in sostanza, per 7 italiani su 10 il packagin sostenibile guida le scelte di acquisto alimentare.
Tutto questo, secondo Nomisma, ha introdotto nel pubblico una visione olistica del cibo nella quale il 66% degli interpellati pone l’accento sulla salubrità, il 53% sulla semplicità e il 28% sulla sostenibilità. Per questo sei delle otto insegne della ddo interpellate – Coop, Conad, Esselunga, Bennet (VéGé), Carrefour, Despar, Gabrielli (Selex) e Penny Market – hanno già avviato studi Lca per valutare l’impatto ambientale dei cicli di vita dei propri packaging.
Le categorie a più alta sostenibilità per i consumatori
Ma dove maggiormente gli italiani cercano un packaging sostenibile? La categoria dove la sostenibilità è considerata imprescindibile è quella dei prodotti healthy, come integratori, succhi di frutta ad alto contenuto proteico, sostitutivi del pasto, sport ed energy drink, dove la percentuale arriva fino al 60 o anche l’80%.
Lo stesso dicasi per i prodotti green, che vanno dal cibo biologico a quelli di provenienza equosolidale.
Esistono categorie come il vino o le bibite nelle quali il nemico numero uno da eliminare risulta essere il vetro, mentre altre, come i succhi di frutta, hanno in uggia l’uso eccessivo del cartone per alimenti.
Nuovi materiali
Con cosa sostituire questi packaging? Cinque insegne su otto guardano con favore alla plastica riciclata o a materiali con minore impatto sulla CO₂. Questo, come detto, in teoria, perché la realtà è molto, molto più prosaica: circa il 31% degli italiani non è disposto a sborsare nemmeno un centesimo in più per un packaging sostenibile, una percentuale che raggiunge il 55% se si aggrega la fascia che accetterebbe un incremento del prezzo di pochi spiccioli.
La sostenibilità quindi rimane un concetto che piace soprattutto a parole, ma al momento si scontra con le difficoltà economiche che toccano le tasche degli italiani, almeno fino a quando non giungeranno tempi migliori.