Quali sono i negozi che i professionisti del retail devono conoscere per avere un quadro aggiornato? Quali le insegne e i flagship, in giro per il mondo, che non si possono non vedere per capire come sta cambiando il commercio?
A queste domande rispondono Bernhard Schweitzer, ceo di Interstore | Schweitzer, e Grégoire Kaufman, consulente retail, con una selezione di 50 food store nel mondo, The Schweitzer Selection, (di cui nel numero 19 di Gdoweek del 14 dicembre è presentata una parte, nella sezione Estero), suddivisa in 5 categorie che ne inquadrano la caratteristica distintiva primaria, l’elemento differenziante che li rende un format unico, di riferimento e di ispirazione.
Come è nata l’idea della selezione?
Bernhard Schweitzer – L’anno scorso abbiamo lavorato molto nel mercato nord americano; in Canada, per esempio, abbiamo collaborato con il secondo retailer food nazionale, Sobeys, a rinnovare oltre 100 punti di vendita per poi aprire il nuovo concept a Orangeville (Ontario). Inoltre, stiamo crescendo tramite acquisizioni, come quella recente della olandese JosDeVries International, e altre ne seguiranno. Durante la pandemia, non potendo viaggiare, è capitato spesso che i clienti ci chiedessero di segnalare loro dei negozi dai quali trarre ispirazione. Insieme a Grégoire, consulente retail, è nata l’idea di creare una selezione di punti di vendita, non solo disegnati da noi, ma tra i più interessanti, che tutti i professionisti dovrebbero conoscere.
Grégoire Kaufman - Interstore | Schweitzer ha visibilità su tutto il mercato retail perché fa consulenza, design e anche costruzione del negozio, ovunque nel mondo. L’idea che vogliamo trasmettere è che crediamo tanto nel punto di vendita fisico. Anche con l’omnicanalità e l’eCommerce, crediamo che un punto di vendita attrattivo sia un valore enorme per il cliente, che ha il bisogno di trovare una esperienza che va oltre il prezzo basso e il prodotto buono. Parliamo di un’esperienza sensoriale ma anche sociale.
È questo il fil rouge della selezione. Sappiamo che, alla fine, a fare il risultato è il traffico e quando un retailer investe nell’attrattività del suo store, l’impatto si vede direttamente sui risultati economici.
Avete stilato una classifica dei Top Store?
Grégoire Kaufman – No, nessuna classifica tra i negozi della selezione, sono troppo diversi per poter fare un confronto: sono stati scelti perché rappresentano delle suggestioni, non perché sono migliori. Possiamo dire che alcuni punti di vendita emergono sotto diversi aspetti e non solo uno dei cinque criteri adottati per la scelta. I criteri stessi non sono pensati con un ordine di importanza: ciascun negozio è stato scelto perché rappresenta un’eccellenza o comunque un esempio che merita di essere visto in una categoria tra le cinque selezionate. Volevamo anche presentare insegne non necessariamente note, spaziando dalla Francia alla Thailandia, dal Canada alla Russia. Vorremmo che fossero d’ispirazione non solo per i retailer, ma anche per l’industria.
Qual è il messaggio che i retailer in Italia dovrebbero recepire?
Grégoire Kaufman – Direi loro non di uniformarsi a un modello, ma di puntare su una propria e forte personalità, da esprimere attraverso l’architettura del negozio e il concetto trasmesso da una ambientazione diversa. Lo stesso prodotto, in una ambientazione pensata bene registra performance migliori. Ad esempio, Carrefour Gourmet a Milano mette a segno un +32% rispetto a negozi tradizionali con identici prezzi e offerta. L’esperienza è tutto.
Bernhard Schweitzer – In Italia soprattutto, il messaggio che vogliamo far passare è: abbiate coraggio. Nel mondo ci sono tanti retailer che lo hanno avuto per fare un passo in avanti. Tutti ormai abbiano capito che una guerra di prezzo con i discount o con l’online non ha vincitori, quindi i retailer devono reinventarsi. È una provocazione, uno stimolo, mostrare che ci sono tante possibilità di immaginare un negozio, e tante carte sulle quali puntare per avere successo.
Cosa manca all’Italia?
Grégoire Kaufman – Una cosa che mi succede spesso e che ha richiamato la mia attenzione è che in Francia, o in generale fuori dall’Italia, la richiesta è di avere un negozio “all’italiana”, come un mercato rionale, una salumeria magari visitata in viaggio. Gli italiani invece danno per scontata questa tradizione e cercano di realizzare spazi più organizzati, ma anche più freddi, che lasciano perplessi gli stranieri. Penso che a livello di visual merchandising, del modo di presentare il prodotto e creare storytelling, l’Italia dovrebbe ritrovare le proprie radici. Un altro aspetto che distingue l’Italia è la separazione tra retail e ristorazione. Difficilmente si trovano veramente integrati, non fa parte della cultura, mentre all’estero è una prassi assodata. Secondo noi spesa, assaggio di cibo e consumo dovrebbero essere un’esperienza unica: solo così assume completezza e diventa attrattiva. C’è un diffuso bisogno di ritrovare la socialità, mettere in mostra i laboratori e le persone che ci lavorano: è un’occasione per dare trasparenza alla filiera.
C’è un negozio che vi ha colpito particolarmente?
Bernhard Schweitzer – Per il gruppo Migros in Svizzera abbiamo realizzato uno store pilota con un briefing molto particolare, direi estremo considerando le dimensioni e la tipologia dell’azienda. Al punto che non avremmo mai pensato potesse essere fedele a sé stesso nel tempo, senza tradire le premesse. E invece ci sono riusciti: hanno messo in pratica tutto quello che avevano pensato, ormai un anno e mezzo fa. Parliamo di The Bridge a Zurigo, 2.000 mq su due piani, con flessibilità totale: due giorni a settimana gli scaffali spariscono e diventa un locale per feste ed happy hour; ogni due mesi cambia la decorazione interna; su 5 punti di ristoro, 2 cambiano anche il cuoco. Nella zona cucina con gli stessi mobili sono realizzati 7 layout diversi, dalla scuola di cucina alla sala riunioni. Eppure è un supermercato da 26 milioni di euro di fatturato. Il negozio segue i clienti in tutto e per tutto. A retailer come questi facciamo complimenti.
Quindi, quali caratteristiche dovrebbe avere il negozio del futuro?
Grégoire Kaufman – Prima di tutto la flessibilità, un trend a tutti gli effetti: non si sa quali saranno le categorie rilevanti domani, i cambiamenti nei consumi sono troppo veloci, bisogna sapersi adattare rapidamente. Se il negozio è fisso, il retailer è prigioniero e può dargli vivacità solo con le promozioni. L’altro elemento importante è la convivialità: in questi due anni è esploso il food delivery, le persone al supermercato non cercano più solo le materie prime, ma una soluzione per il pranzo o la cena. Infine, se lo shopping è l’hobby numero uno nel mondo, a volte i retailer alimentari sembra abbiano dimenticato che la spesa può essere un’esperienza piacevole. Acquistare cibo è qualcosa di molto intimo e personale: bisogna puntare sull’esperienza.
E la tecnologia?
Grégoire Kaufman – Deve facilitare. Se allontana prodotto e produttore dal cliente, se virtualizza, per il punto di vendita è inutile, c’è già l’eCommerce. Nel cibo c’è arte, c’è territorio.
TOP STORE 2021 > I 5 CRITERI DI SELEZIONE
1. CELEBRARE ESPERIENZA E MESTIERI
Una piattaforma che mostra e racconta, la trasparenza e la celebrazione del saper fare con:
- capacità espositive dei responsabili di reparto
- varietà inimitabile
- modalità flessibili di selezione e rinnovo dell’assortimento
- qualità eccellente della selezione di prodotto
- capacità di mettere in evidenza i prodotti top
- mix tra sostenibilità moderna e selezione tradizionale
- location che esalta il prodotto
2. PRESENTAZIONE ESEMPLARE DEL PRODOTTO
Uno storytelling visuale che si vende da solo e pone il prodotto a protagonista,
come un gioiello nel suo scrigno. Serve:
- comunicazione di forte impatto
- originalità nella presentazione
- efficacia della presentazione del prodotto
- creatività
- mix di funzioni diverse in uno stesso luogo
- costruzione di un’ambientazione eccentrica, unica
- originalità nel mix di colore tra ambientazione e prodotto
- dimensioni fuori dal comune
- integrazione di specialisti d’offerta nello spazio commerciale (stile mercato)
3. SPAZIO E ATMOSFERA
Unicità dell’architettura, dell’ambientazione e della “messa in scena” grazie a:
- scelte costruttive sostenibili
- display, comunicazione, originalità nella gestione degli spazi
teatralità - originalità dell’ambientazione
- eleganza dell’ambientazione
- capacità di comunicare relax e calore
- integrazione tra servizi diversi
- opulenza dell’offerta
- design oltre le mode
- autenticità, tradizione
4. RENDERE ATTRAENTE IL READY TO EAT
Offerta e soluzioni convenienti e di tendenza. Assaggiare e vivere l’esperienza con:
• qualità dell’esperienza di ristorazione
• livello di socialità
• originalità dell’ambientazione dell’area food e dell’offerta gastronomica
• semplicità
• approccio pop up
• aria di novità in un format tradizionale
• qualità del design allineato alla tipologia di offerta
• richiamo alle tradizioni locali o ad aspetti specifici del luogo
• livello di integrazione tra retail e ristorazione
• laboratori di produzione in loco
5. INNOVAZIONE OMNICANALE E DIGITALE
Integrare l’esperienza di vendita nell’ecosistema digitale tramite:
• adottare tecnologie friendly per umanizzare la relazione e l’esperienza d’acquisto
• rendere fluido il passaggio tra fisico e digitale
• capacità di semplificare
• efficacia del modello omnicanale che affianca un’esperienza fisica eccezionale
• intelligente fusione tra strumenti e servizi
• nuove frontiere veloci ma facili nei pagamenti
• possibilità di interagire tra cliente, insegna e brand in maniera pervasiva, ma non invasiva
da Gdoweek n. 19, 14 dicembre 2021