Dopo la denuncia immediata delle cooperative agroalimentari sui concreti rischi derivanti dall’applicazione della plastic e sugar tax, in occasione degli Stati Generali del Vending, in corso a Roma sono emerse anche le preoccupazioni del settore della distribuzione automatica.
Gli ultimi sviluppi della manovra di bilancio tra plastic e sugar tax, infatti, tengono col fiato sospeso anche questo comparto che conta su 3 mila aziende con 33 mila lavoratori e che in Italia sviluppa un giro d'affari di 4 miliardi di euro con 12 miliardi di consumazioni annue e 25 milioni di consumatori. L'Italia è leader a livello internazionale: è il principale produttore di distributori automatici e ha una rete di oltre 800 mila distributori automatici installati che ne fanno il primo Paese europeo.
“Mai come quest’anno -spiega Massimo Trapletti, presidente di Confida Associazione Italiana Distribuzione Automatica- abbiamo assistito nel dibattito politico ad una gara a proporre le più fantasiose tasse di scopo: dalla tassa sulle merendine (poi scongiurata), a quella sulle bevande zuccherate fino alla plastic tax. Sono tasse che penalizzano le imprese mettendo a rischio posti di lavoro e riducono i consumi delle famiglie, tasse ipocrite perché, mascherate dietro a obiettivi ambientali o di sana alimentazione, hanno in realtà il solo scopo di recuperare risorse finanziarie”.
Trapletti si è detto "particolarmente preoccupato dall'effetto combinato di plastic tax e sugar tax che avrebbero una conseguenza pesante sul nostro settore e più in generale su tutta la distribuzione alimentare pertanto, se non si apporteranno correttivi alla manovra, gli effetti si vedranno presto sui numeri dell'occupazione e sul Pil".
La plastic tax prevede un’imposta di 1 euro per ogni kg di plastica utilizzata per produrre o importare manufatti con singolo impiego (cosiddetti Macsi) che hanno la funzione di contenere, proteggere, manipolare o consegnare merci e prodotti alimentari. “Si tratta di un’imposta sproporzionata –continua Trapletti- un kg di plastica comprensiva del Cac (Contributo Ambientale Conai) costa mediamente 1,2 euro al kg. Aggiungere 1 euro al kg di plastic tax comporterà un notevole aumento del costo all’ingrosso e al dettaglio dei più comuni prodotti alimentari. Sicuramente –secondo Confida- occorre abbassare l’importo della tassa: il premier Conte si è espresso a favore di tale ridimensionamento e speriamo che si possa almeno dimezzare. Inoltre, occorre escludere la plastica riciclata nell’ottica di promuovere l’economia circolare auspicata dall’Unione Europea. L’insistenza del nostro Governo sui prodotti compostabili, gli unici esclusi dalla tassa, non trova infatti riscontro non solo nella Direttiva Europea sul monouso in plastica ma soprattutto nella disponibilità di mercato perché la quantità di bioplastica a livello mondiale è insufficiente per sostituire i prodotti monouso in plastica”.
La soluzione proposta da Confida, insieme al Corepla e a Unionplast, punta sull’economia circolare col Progetto RiVending, un circuito chiuso di raccolta e riciclo della plastica che viene reimmessa in produzione per fabbricare nuovi prodotti.
Al fine di accelerare questa trasformazione green della distribuzione automatica –conclude Trapletti che comporta per le imprese del settore l’acquisto di particolari cestini e / o di eco-compattatori, riterremmo opportuno far rientrare questi strumenti all’interno dei beni agevolabili dal cosiddetto Green New Deal”.
La cosiddetta sugar tax, invece, prevede un’imposta di 10 euro per ettolitro anche sulle bevande confezionate prodotte con l’aggiunta di sostanze dolcificanti. “La sugar tax -continua Trapletti- non distingue tra bevande zuccherate e bevande zero: sebbene l’obiettivo dichiarato della tassa sia quello di combattere l’obesità e malattie come il diabete, la tassa si applica sia alle bevande con zuccheri aggiunti sia alle bevande zero. Questo approccio mortifica gli sforzi compiuti in questi anni dal Ministro della Salute che insieme alle associazioni dei produttori e distributori alimentari (tra cui Confida) hanno sottoscritto un impegno nel 2015 per la riduzione degli zuccheri nei prodotti alimentari e che ha portato il vending a modificare la sua offerta tanto che nell’ultimo anno le bevande zero sono cresciute del +53%. Una tassa così fatta porterà unicamente a un calo dei consumi stimato da Trade Lab/Assobibe del 10%”.