Per avere un idea delle dimensioni dell'iniziativa basta osservare tre numeri essenziali: 43mila aziende coinvolte, 1.100.000 occupati e 127 miliardi di euro di fatturato. Un giro d'affari che colloca l'Alleanza delle cooperative italiane al primo posto in Italia come valore del giro d'affari, superando così l'Eni che da decenni era la maggiore azienda italiana.
E, inoltre, a differenza del gigante energetico, l'Alleanza è presente in settori legati in modo stabile al territorio, alle produzioni agricole di eccellenza del made in italy, in grado di dare un contributo al nostro export in un contesto globale, nonché in condizione di aggregare milioni di posti di lavoro.
Più business e meno ideologia
La guida dell'Alleanza sarà assegnata a rotazione fra i tre presidenti e inizierà con Luigi Marino, attuale capo di Confcooperative. La data di nascita ufficiale è il 27 gennaio 2011 presso il palazzo della Cooperazione a Roma.
L'intento non è semplicemente quello di creare una realtà di dimensioni internazionali, ma anche quello di svincolare gli obiettivi imprenditoriali da quei riferimenti ideologici che ne hanno fin qui caratterizzato il cammino. Infatti, si mettono insieme le cooperative bianche (Confcooperative), quelle rosse (Legacoop) e quelle verdi (Agci), come evidenziato dal logo che avrà, manco a dirlo, tre "C" concentriche, cioè partendo dall'esterno, verde, bianca, rossa.
Come dice Giuliano Poletti in una intervista rilasciata a Dario Di Vico sul Corriere della Sera del 23 gennaio "Siamo prima di tutto imprese. Se vuole una formula le dico che ci sentiamo cugini della Confindustria e controparti della Cgil. Non il contrario" e ancora "siamo una forma di impresa privata. Esagerando, le dico, che somigliamo più a delle public company che rispondono alle comunità locali, a cui lasciamo una larga fetta dei profitti. E comunque i vantaggi e gli svantaggi che drivano dall'essere giuridicamente una cooperativa si compensano, non siamo certo sussidiati".