"Cosa significa rigenerare il retail?". Sei gruppi distributivi leader in Italia a confronto con i temi dell'innovazione e della sostenibilità

"Cosa significa rigenerare il retail?". Sembra facile rispondere. Soprattutto nel caso della distribuzione italiana che conosce bene la rigenerazione a livello di punti di vendita, ma fa più fatica a seguire le innovazioni di cui oggi si parla molto a livello mediatico: ambientale, tecnologico-digitale, e più ampiamente di sostenibilità. Sulla quale si dovrebbe fare un bel distinguo come ha giustamente detto Maura Latini, ad di Coop Italia: "è più facile realizzare piani e progetti di messa in efficienza energetica che attuare politiche di inclusione e rispetto dei diritti umani e delle collettività: insomma, fare sostenibilità sulla S di Esg è molto meno scontato". Il fattore umano al centro della distribuzione, in un'epoca in cui si parla di robotica, AI, automazione a livello di negozio: sarà ancora possibile in futuro. Certo, perché ancora oggi si può decidere di andare in una o un'altra insegna per la cortesia e la bravura del personale. È un dato di fatto. E la sfida non è solo trovare le persone (giovani) che vogliono lavorare nel retail, ma le persone capaci di relazionarsi con il cliente, che è tutta un'altra storia. È là che si vede quanto sei bravo a selezionare il personale. "Tutti sentono l'esigenza di un rilancio del rapporto -conferma Maniele Tasca, ad di Selex- ma da un lato abbiamo la difficoltà a trovare persone, la scarsità dell’offerta ci costringerà a pagarle di più; dall'altro l'opportunità di costruire sulle persone un fattore di distintività".

Poi c'è il tema degli investimenti. Gruppi come Carrefour e Lidl hanno per missione internazionale strategie a medio termine orientate rigorosamente su obiettivi di sostenibilità e digitalizzazione. In Italia c'è lo stesso impegno su questi temi, ma le risorse finanziarie non sono spesso adeguate alle possibilità delle pmi. Anche se gruppi come Conad, Coop e Selex non sono affatto pmi, lo sono le imprese che costituiscono la base territoriale di molti gruppi distributivi italiani.

da sin. Massimiliano Silvestri (presidente e ad di Lidl Italia), Maniele Tasca (ad di Selex), Christophe Rabatel (ceo Carrefour Italia), Maura Latini (ad Coop Italia), Francesco Avanzini (Coo Conad), Giorgio Santambrogio (ad Gruppo Végé) e Cristina Lazzati (direttore Mark Up e Gdoweek, Tecniche Nuove Media)

"Dobbiamo introdurre cambiamenti in un momento in cui il sistema non è in grado di fare investimenti a botta facile -commenta Francesco Avanzini, coo Conad Italia- la distribuzione italiana in particolare deve cominciare a fare passi avanti, non abbiamo sistemato i conti economici negli ultimi 12-24 mesi, il cliente non è quello cui eravamo abituati, vuol dire che dobbiamo lavorare su un concetto di retail che ponga al centro il cliente per individuare soluzioni. Adesso è il momento dei fatti, abbiamo pochi anni davanti per rigenerare il retail. Noi di Conad lo faremo soprattutto attraverso formazione e digitalizzazione: servono nuove professionalità, serve la gestione del dato vero che è un mestiere che il retailer non ha mai fatto, perché richiede ingenti capex e bisogna sapere dove trovare le risorse e soprattutto dov’è il roi che giustifica tali investimenti. Noi abbiamo individuato alcune soluzioni. Ma sono di medio periodo, non di breve, questo comporterà trasformazione non facile con impatti anche sull'organizzazione".

Avanzini ha toccato due tasti chiave: il capex e il roi. Christophe Rabatel, ceo di Carrefour Italia, e Massimiliano Silvestri, presidente e ad di Lidl Italia, hanno la fortuna di guidare due società che fanno parte di gruppi internazionali ai vertici delle classifiche europee per fatturato. Molte decisioni strategiche vengono prese dalle holding, a partire dalle strategie di sviluppo su sostenibilità e digitalizzazione. "Il nostro settore ha sempre risposto attivamente e prontamente ai cambiamenti storico-sociali -commenta Rabatel- il nostro vantaggio è di far parte di un gruppo internazionale che prevede 3 miliardi di euro dal 2022 al 2026 per diventare una digital media company ed entrare nella graduatoria dei primi nell’ambito dell’AI. Per quanto concerne il retail media noi vi dedichiamo intere giornate di formazione. L'obiettivo è mettere i dati al centro della nostra attività, per fare promozioni personalizzate, usare robotizzazione per aiutare i nostri dipendenti a concentrarsi sui servizi e spiegare ai nostri clienti i prodotti".

Maura Latini, ad di Coop Italia, guida un gruppo distributivo che ha fatto della sostenibilità la sua missione già da tempo e in tempi in cui non era ancora di moda. "Il cambiamento riguarda anche tutto quello che abilita allo scatto tecnologico che è urgente, ma che le pmi non possono affrontare da sole. Abbiamo un deficit di visione prospettica, e per intercettare i cambiamenti dobbiamo rimodulare l’approccio e la comprensione dei consumatori alla luce dei nuovi problemi sociali ed economici lasciatici in eredità dalla pandemia prima e dalla nuova, e incerta, situazione geopolitica ora. Lo scenario è questo: un mondo con molti più poveri, già moltissimi prima, e una élite di gente sempre più ricca, una differenza che troviamo rappresentata anche l’interno dei nostri clienti".

Maniele Tasca, ad di Selex, non è così pessimista sul fatto che la distribuzione sia ancora indietro in materia di investimenti. "Il percorso verso l’innovazione è sempre presente nelle aziende e si rinnova continuamente dialogando con il contesto economico: la distribuzione si muove oggi in un mercato ipermaturo con un andamento demografico che non aiuterà: l'innovazione ci permette di essere più precisi rispetto al passato, per cogliere le nuove opportunità senza essere necessariamente sul fronte delle novità a tutti i costi. Continuando a fare lo stesso mestiere, noi lavoriamo già con una logica di gruppo da diversi anni su temi come pricing, crm, digital".

Massimiliano Silvestri, presidente e ad di Lidl Italia, non è d'accordo con il termine rigenerazione. "Io non parlerei di cambiamento o rigenerazione, ma di evoluzione. Secondo molti ricercatori, il discount può arrivare al 30% di quota di mercato nel 2030. Quello che è importante è pianificare questo successo, considerando che nel nostro mestiere ci confrontiamo con molti limiti: se firmo un contratto per aprire un punto di vendita devo aspettare almeno quattro anni. La sostenibilità contribuisce con un costo aggiuntivo, necessario, ma non necessariamente sostenibile sul piano squisitamente economico".

Silvestri ritiene invece una priorità la cybersecurity, mentre sull'intelligenza artificiale Lidl sta sviluppando un campus con start up.

Per Giorgio Santambrogio, ad di Gruppo Végé, ci vuole un'attitudine culturale al cambiamento. "Nel 1959 alla convetion Végé con Lombardini, Migliarini e Garosci si parlò degli stessi temi che sono stati trattati oggi: a partire dal mantra 'mettere il cliente'. Noi di Végé abbiamo parlato 25 anni fa di retail media, io ho sperimentato il riconoscimento facciale nel laboratorio Végé, ma allora perché la distribuzione non vuole cambiare, visto che i temi non mancano e di questi temi si parla da decenni?".

Santambrogio propone, con spirito provocatorio e anticonformista, un'innovazione che difficilmente passeranno: "Aboliamo i contratti nazionali, teatrino che dura 9 mesi, e che costringono spesso a incontrare un fornitore anche 7 volte".

La sostenibilità può essere già di per sé motore di innovazioni e cambiamenti soprattutto nell'offerta e nella cultura del consumatore. Si pensi alle marche del distributore. "La nostra marca commerciale si posizionerà sulla sostenibilità -conferma Francesco Avanzini, ad di Conad Italia- abbiamo già convocato tutti i nostri fornitori. Punteremo su nuovi consumi e nuovi canali, svilupperemo business su questi temi tramite acquisizioni. E poi c'è il tema della formazione, di lungo periodo, con persone più dedicate al rapporto con i clienti e nuove professioni".

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