Pubblica è la parola che, posta accanto a etica, incornicia secondo Umberto Galimberti, la conversazione di apertura de Linkontro il 17 maggio. Forse non è un pensiero innovativo, ma l'etica pubblica se diventasse vissuto psicologico potrebbe risolvere le tre colpe ataviche dell'Italia: l'elevato tasso di corruzione, che costa alla comunità, le organizzazioni mafiose e la visione, da parte degli italiani, dello Stato come nemico.
Ulteriore colpa il familismo
A queste tre colpe se ne aggiunge un'altra, quella di non aver conquistato lo status di cittadini ma di essere rimasti fermi alla legge del sangue: “siamo tutti parenti”, sintetizza Galimberti, il familismo che vince sulla meritocrazia. Come liberarsi allora da questo futuro che "non è più promessa, ma minaccia, e quindi non agisce come motivazione"? La soluzione posta dal filosofo è già contenuta nelle parole che utilizziamo per descrivere il nostro vissuto: bisogna cambiare il modo di vedere il mondo, di giudicare -come rivela la stessa etimologia della parola crisi, che in greco significa giudico.
Sta ai giovani cambiare
Ma non aspettiamoci di riuscirci rapidamente, o peggio, di lasciarlo fare alle generazioni più mature: "Il cambiamento passa per le generazioni giovani, che vivono il massimo del loro potenziale ideativo e posseggono la follia, dalla quale nasce la novità, a livello conscio". Saranno scapestrati, forse anche drogati, ironizza Galimberti, ma solo inserendo i giovani nelle strutture produttive e strutturando le idee nuove che nascono da questo patrimonio creativo, l'Italia può pensare di cambiare punto di vista e affrontare eticamente la crisi.