Cresce la tensione tra industria e distribuzione sul caro-prezzi sullo scaffale. In un comunicato congiunto, Assica, Assitol, Assocarni, Assolatte, Italmopa e Unione Italiana Food partono dalla premessa di essere “ben consapevoli che il tasso d’inflazione registrato in Italia in questi tempi sta mettendo in serio pericolo la capacità di spesa dei consumatori, che si vedono costretti a comprimere le legittime aspirazioni nelle scelte d’acquisto quotidiane e che spesso faticano a garantirsi i beni essenziali per il proprio sostentamento”.
Le conseguenze dell’iperinflazione sui consumi
Il calo della capacità di spesa comporta inevitabilmente una riduzione degli acquisti e quindi minor introiti per le aziende e minori profitti. “Il consumatore rappresenta il punto di riferimento per eccellenza delle aziende associate e il motore primario dell’esercizio d’impresa: i suoi interessi, le sue aspettative e le sue preferenze costituiscono per le aziende produttrici di alimenti e bevande una guida costante nelle scelte produttive e commerciali attuate quotidianamente – si legge nel documento - Per tal ragione, ci dispiace constatare quanto Federdistribuzione in queste ore ha affermato tramite i mezzi stampa”.
La difesa della categoria
“Le nostre aziende associate hanno da sempre improntato la loro produzione alla massima efficienza e razionalizzazione dei processi ed hanno assorbito quanto più possibile le varie oscillazioni dei diversi costi sostenuti anche al fine di evitare che questi vengano scaricati a valle sul consumatore, come del resto dimostrano i prezzi alla produzione, vale a dire i prezzi di cessione alla distribuzione, che si attestano ben al di sotto del tasso di inflazione medio”, sottolineano i produttori.
I quali, per sostenere i consumatori in difficoltà, si dicono “disponibili a collaborare fattivamente con tutte le parti interessati in questa direzione”.
Una precisazione accompagnata da un ammonimento: “Riteniamo che qualunque determinazione, promessa o impegno sul valore del prodotto finito non possa prescindere da un coinvolgimento di tutti gli operatori della filiera alimentare nel senso più ampio”. Il riferimento è a coloro “che, a vario e diverso titolo, contribuiscono a formare i costi di produzione (materie prime, energia, packaging, logistica e così via) e concorrono dunque a comporre il valore finale del prodotto”.
Le dinamiche inflattive, concludono le associazioni, impongono nuovi listini e “il settore del largo consumo è un ambito altamente competitivo come dimostrato del resto dalla pluralità delle azioni promozionali che vengono messe in essere continuativamente in tutti i punti vendita proprio per venir incontro ai consumatori”.