Aperti al nuovo, ma senza tradire la tradizione. È la fotografia del rapporto tra gli italiani e il cibo che si ricava analizzando le tendenze degli ultimi anni, tra gusti emergenti, crescente attenzione alla propria salute ed evoluzione sociale. Cambiamenti che l’industria e la distribuzione cercano di cavalcare, adattandosi al contesto emergenziale che stiamo vivendo dallo scoppio della pandemia di Covid-19. Un compito non facile a fronte del ritorno dell’inflazione, che crea forti pressioni sui margini, limitando gli spazi per gli investimenti.
Secondo l’ultima edizione di Immagino, l’Osservatorio di Gs1 che monitora 125.000 prodotti per un valore di 39 miliardi di euro, sempre più la spesa al supermercato riflette lo spirito identitario del consumatore, sotto diversi profili: lo stile di alimentazione, la provenienza del cibo, la fede religiosa e la scelta di un particolare regime alimentare. Di fatto, cresce l’assortimento di prodotti identificati come bio o vegano, come kosher o halal. Di pari passo aumentano le referenze per intercettare la domanda di chi adotta stili di vita -e quindi di consumo- come il veganesimo o l’alimentazione conforme ai dettami religiosi. L’italianità, in tutte le sue declinazioni, ha aumentato in modo significativo il suo peso sul carrello della spesa: negli ultimi tre anni, la quota a valore è passata dal 22,5% al 26,9% sul giro d’affari complessivo di super e ipermercati nel food.
HelloFresh, multinazionale che realizza kit per preparare pasti in casa, ha da poco pubblicato il report Food Trends & Innovation che segnala i cambiamenti intervenuti nel mercato nell’ultimo decennio e offre una prospettiva sulle tendenze emergenti. Nonostante la tradizione culinaria consolidata, il 78% degli italiani segnala che nell’ultima decade sono mutati radicalmente sia il modo di cucinare, sia i criteri di scelta degli ingredienti, una quota superiore al 70% che costituisce la media a livello globale. Il principale motore è dato dalla crescente preferenza per una cucina a base di ingredienti freschi e per il consumo consapevole. Per il 43% degli italiani cucinare è un modo per divertirsi e i video presenti online sono considerati uno stimolo in tal senso. Il 49% degli intervistati italiani afferma di cercare ispirazione tra YouTube e social network.
“In Italia la preparazione della cena, e non solo il consumo, può essere un modo per condividere tempo di qualità con i propri cari. Cucinare spesso include anche il coinvolgimento dei bambini”, afferma Marine Faurie, managing director & chief marketing officer di HelloFresh Italia. Una tendenza, rafforzatasi con la pandemia, che tra lockdown e la dovuta prudenza negli spostamenti e nella frequenza di luoghi affollati ha favorito un ritorno del consumo dei pasti a casa.
Tra i grandi cambiamenti di questi anni, cresce la selezione degli alimenti. Il 46% delle persone è interessato alla provenienza del cibo, spende di più per la qualità degli ingredienti e compra alimenti di provenienza locale (43%), oltre a cercare di fare acquisti più sostenibili (39%). Ben l’87% degli italiani considera positivi i propri cambiamenti in cucina, nella scelta del cibo e nelle abitudini alimentari. L’evoluzione non sembra destinata ad arrestarsi, dato che più di uno su tre si dice curioso e disponibile a provare nuovi servizi offerti dalle aziende che operano nella food industry. Una sfida, dunque, per i produttori, così come per il settore della distribuzione moderna.
Indicazioni che a grandi linee trovano conferma nella ricerca realizzata da Garden Gourmet (brand di Nestlè che propone alimenti a base vegetale) in collaborazione con Toluna (community online di sondaggi e condivisione delle opinioni tra consumatori), secondo la quale la pandemia sta facendo crescere la percezione del cibo e delle scelte che lo riguardano come passaggio chiave verso uno stile di vita più consapevole e improntato al benessere.
Quattro sono gli stili alimentari principali emersi dall’analisi qualitativa, che corrispondono ad altrettanti macro-tipi di consumi italiani. I genuini, particolarmente attenti alla salubrità del cibo, amano coltivare erbe aromatiche e piccoli ortaggi sul balcone e cucinare per sé e per i propri cari. Gli stagionali si sentono in armonia con i cicli della natura che rispettano anche dal punto di vista alimentare: molto preoccupati per il degrado ambientale, hanno comportamenti di vita e di consumo che tendono verso l’impatto zero. Ci sono poi gli equilibrati, per i quali la priorità è alimentarsi assumendo tutte le sostanze nutritive che servono ai nostri corpi. Insomma, persone di buon senso, che sostengono la regola aurea del “un po’ di tutto”. Non il cibo in sé o la sua scelta ma l’organizzazione della dieta è il tratto comune a quelli del week end libero: attenti a ciò che mangiano durante la settimana lavorativa, si concedono margini di libertà e di sana trasgressione negli altri momenti.
L’esperienza pandemica sta cambiando anche gli equilibri tra i vari formati distributivi, come segnala una ricerca condotta su base europea da McKinsey, in un contesto nel quale, come sappiamo, la gdo e i suoi punti di vendita fisici hanno registrato un’impennata di vendite, complice la minore frequenza dei ristoranti, che, superata l’emergenza sanitaria dovrà ristabilirsi su volumi di vendita inferiori.
In particolare, i supermercati segnano una certa perdita di appeal a vantaggio dei discount, soprattutto per questioni legate alla convenienza e ai prezzi, mentre l’eCommerce si consolida: nel 2020 l’Italia è stata tra i Paesi europei nei quali il grocery è cresciuto di più, circa il 60%. In questo quadro, il 39% dei nostri connazionali è intenzionato a risparmiare più che nel passato e il 40% cerca di cogliere le migliori promozioni. L’offerta si adegua: il 56% dei manager del settore inserisce la maggiore sensibilità ai prezzi tra le prime tre priorità da affrontare, considerandola come uno dei trend più rilevanti nel mercato alimentare. McKinsey segnala che nel 2020 sono cresciuti del 13% degli investimenti dedicati all’automazione dei processi, dato che la velocità nell’adottare le più performanti soluzioni di information technology è diventato un fattore di differenziazione dell’offerta. Questo report trova conferma in un’indagine recente di Qonto (istituto di pagamento), dalla quale emerge che quest’anno anche da parte delle aziende della ristorazione vi sarà una forte accelerazione degli investimenti nel digitale. L’obiettivo principale è ottimizzare i processi e accrescere l’efficienza della propria azienda, seguito dalla volontà di mantenere o accrescere la propria competitività nel settore. Mariano Spalletti, country manager di Qonto Italia, spiega che la consapevolezza di quanto sia importante il digitale non è un fenomeno recente: “Oggi, con le opportunità messe a disposizione dal Pnrr, le aziende hanno un’occasione, che devono cominciare a sfruttare”.
Il processo evolutivo in corso è una sfida non solo per il retail, ma anche per l’industria alimentare, alle prese con la necessità di accelerare sul fronte della sostenibilità e della transizione digitale. Uno scenario che rende fondamentale investire in maniera massiccia e che inevitabilmente limita gli spazi di manovra per le imprese di ridotte dimensioni, che pure costituiscono la stragrande maggioranza nel nostro Paese.
Così non è un caso se l’alimentare è stato tra i settori più impattati da operazioni di m&a negli ultimi tempi. Oltre ad aggregazioni tra operatori dell’industria, si assiste a un crescente interesse da parte degli investitori finanziari, che vedono nella creazione dei poli del settore la possibilità di generare economie di scala e ampliare l’offerta dei prodotti. Di solito i fondi acquistano un’azienda leader in uno specifico segmento e, attraverso questa, aggregano altre realtà, potendo contare su risorse finanziarie spesso non disponibili agli operatori del comparto. Come fa ad esempio Alcedo, che nel tempo è entrata nel capitale di realtà come Masi Agricola, Gourmet Italian Food, Demetra e Bertoncello. Discorso simile per 21 Investimenti di Alessandro Benetton, che tra le altre cose ha in portafoglio Witor’s, una tra le più note aziende italiane nel settore dolciario per la produzione di prodotti di cioccolato.
Gli operatori del settore si trovano poi a fare i conti con un problema congiunturale di non poco conto, come l’impennata dei prezzi relativi alle materie prime, che tocca livelli record tra i prodotti agricoli. Per le semine di grano per pasta e pane, fa sapere la Coldiretti, gli agricoltori sono stati costretti ad affrontare aumenti dei prezzi fino al 50% per il gasolio necessario per le lavorazioni dei terreni, senza dimenticare che l’impennata del costo del gas, utilizzato per la produzione dei fertilizzanti, ha fatto schizzare i prezzi dei concimi anche del 143%. L’incremento dei listini è un tema caldo oggi, e verosimilmente resterà tale ancora per diverso tempo, pur a fronte di spazi limitati in campo alimentare, a differenza di altri settori (si pensi ad esempio al lusso), nei quali produzione e distribuzione hanno margini maggiori per incidere sui prezzi. Uno scenario che potrebbe spingere a ulteriori aggregazioni con l’obiettivo di generare economie di scala. Uno scenario in evoluzione, sul quale inciderà anche il trend dei consumi. Un recente sondaggio condotto da Cerved segnala che, come conseguenza dell’aumento generalizzato dei prezzi, il 64,3% delle famiglie ha cambiato o cambierà proprio le abitudini di consumo, riducendo tutti gli acquisti oppure acquistando maggiormente prodotti in offerta (una su due si è espressa in questa direzione).
Uscendo dal contesto dei cambiamenti, può essere utile focalizzarsi su cosa il cibo rappresenta per gli italiani. Secondo una survey realizzata da Just Eat e Bva Doxa, per gli italiani si tratta del terzo pensiero più frequente della giornata (dopo il proprio partner e il lavoro) e questo gli fa assumere un significato simbolico che va oltre la semplice necessità di mangiare. Sei connazionali su dieci associano il cibo ai momenti di convivialità e condivisione amici. Per il 79% degli intervistati risulta difficile associare il pensiero del cibo a un oggetto inanimato, poiché è sempre un profumo o un incontro a scatenare il ricordo di un sapore o la voglia di consumare un pasto che magari rimanda all’infanzia o a un momento passato in compagnia di persone care.
L’aspetto sensoriale sembra quindi rappresentare la principale via di collegamento al pensiero del cibo, come confermato dal fatto che il suo odore, ma anche colori caldi come il rosso e l’arancione fungono da principale stimolazione. Infine, i cibi ai quali si pensa con maggiore frequenza sono nell’ordine la pizza, i dolci e i prodotti da forno.
IL SUSHI E' ORMAI DI CASA
L’alimentazione a base di sushi è ormai diventata comune tra i nostri connazionali, come rileva un’indagine di Uber Eats. Il 40% degli italiani lo consuma senza distinzioni tra fine settimana e giorni feriali, preferendo ordinarlo soprattutto per cena, dato che questo consente di rilassarsi e gustarlo senza fretta. Il cibo tipico della cucina giapponese non è associato a una particolare stagione, bensì viene consumato tutto l’anno. Uramaki, nigiri e hosomaki sono nell’ordine le varianti preferite, che si tratti di mangiarle in compagnia o da soli.
CURIOSITÀ PER LA CUCINA VEGAN
Circa un italiano su 6 si dichiara propenso a seguire un regime alimentare vegano nei prossimi dodici mesi. La maggioranza dei nostri connazionali riconosce alla scelta vegana un basso impatto ambientale e di essere salutare. Sono alcuni dei risultati che emergono da una ricerca condotta da Bva Doxa e Just Eat, con il gruppo del food delivery che segnala una forte crescita di ristoranti vegani sulla propria piattaforma. Tra i piatti più ordinati l’hamburger, la pizza e il poke, ovviamente in versione vegana. Inoltre, la ricerca segnala che gli italiani, pur essendo un popolo principalmente onnivoro, prestano una maggiore attenzione al consumo di proteine animali rispetto al passato per limitarne gli effetti negativi per la salute.
La top ten di piatti vegani più ordinati
1.Hamburger vegano
2.Pizza vegana
3.Marinara vegana
4.Vegan poke
5.Panino vegano
6.Uramaki vegan roll
7.Insalata vegana
8.Sushi vegano
9.Margherita vegana
10.Cornetto dolce vegano
CON LO SMART WORKING NUOVA CENTRALITÀ PER LA COLAZIONE
Sempre meno fretta nel consumare caffè e brioche appena svegli. Quarantene e smart working stanno restituendo centralità alla prima colazione. Secondo un’indagine di Innate Motion, si assiste a una più accurata preparazione dei cibi, con un crescente consumo di quelli che richiedono cotture. In questa fase di emergenza, l’84% degli italiani fa colazione in casa e il tempo medio dedicato è di 13 minuti.