Come tutti faccio la spesa e sono ormai consapevole che quello che metto nel carrello (e poi in tavola) andrà a determinare la salute e quindi il futuro mio e dei miei figli. Questa è l’unica sicurezza che ho. Come imbastire, con il giusto peso, salute e gusto, benessere e conto della spesa ... quella è un’altra storia. L’offerta non manca, anzi! Entrando in un punto di vendita della gdo, ad accoglierci c’è un universo salutistico fatto di frutta e verdura, prodotti del territorio, bio, free from, vegan e vegetarian, cui si aggiungono i distributori di spremute, il banco del sushi, gli estratti ... insomma, l’offerta non manca e tutto è bello, colorato, e sembra anche buono. E poi ci sono la curcuma, per il cuore; le bacche di goji con gli antiossidanti, lo zenzero buono per quasi tutto .... E quando li mangio? E dove li metto? In insalata? Nello yogurt? Davanti a tanta abbondanza, come sceglierò quello che “mi fa bene”, quello che è buono per me e non per l’universitario che mi passa accanto con il carrello e neppure per quella signora che ha su per giù la mia età, ma non mi assomiglia per niente. Che cosa vorrei? Vorrei che quell’insegna diventasse il mio personal shopper, che i dati, che volontariamente le ho ceduto, la facessero pensare più a me. Perché se io sono felice anche la mia insegna è felice!
L’annosa ricerca del cibo “sano”
L'editoriale della direttrice Cristina Lazzati (da Gdoweek n. 13)