Il periodo attuale non è facile per i consumatori ma anche per i retailer. Una congiuntura di inflazione, riduzione del potere di acquisto, alti costi delle materie prime e dell'energia hanno abbattuto il potere di acquisto dei consumatori e la marginalità dei retailer. Gdoweek ha incontrato Carlo Giuliano, project manager di Axiante per affrontare il tema.
Perché in questo momento si parla così tanto di ottimizzazione assortimentale?
Oggi vivivamo una situazione in cui molte dinamiche impattano sul largo consumo. Sono temi dibattuti ma giova ricordarli: tra le tante, le trasfromazioni in atto, le esigenze dei consumatori, l'eCommerce che si è introdotto in modo profondo ecc. Davanti a tutto questo, i retailer difficilmente possono rispondere utilizzando la leva del prezzo perché le marginalità sono già al limite. Oltre una certa soglia le promozioni non possono essere spinte e l'inflazione ha anche abbattuto il potere di spesa del consumatore.
Su cosa puntare per recuperare competitività?
Sicuramente l'assortimento e la sua ottimizzazione può dare un contributo decisivo sugli economics dello store e da questo punto di vista i category manager vivono un impegno continuo. Tuttavia oggi è necessario un approccio più strutturato che superi la singola sensibilità del category manager di turno. E in questa accezione diventa importante intervenire sul singolo punto di vendita piuttosto che su elementi generali.
Cosa si intende per approccio strutturato?
Significa dotarsi di processi basati sui dati che ottimizzino al massimo le risorse, che possano gestire puntualmente i codici assortimentali fino ad arrivare al riordino automatico. Nel concreto, per raggiungere questo obiettivo è auspicabile realizzare planogrammi per singolo negozio, al fine di programmare dettagliatamente ogni categoria merceologica. Se si considerano tutti i codici presenti in un punto di vendita della grande distribuzione, è facile concludere che questo tipo di gestione non può essere effettuata manualmente utilizzando un foglio di Excel. Inoltre emerge nella sua importanza il concetto di trasferimento delle domanda. Modificando l'assortimento, quanto impatta la sostituzione di una referenza sulle altre presenti? Quali le correlazioni? Domande non banali le cui risposte sono legate a una gestione e analisi dei dati puntuali.
Considerare ogni referenza e ogni punto di vendita genera un quantitativo di dati enorme...
Ovviamente occorre clusterizzare i punti di vendita, cercare denominatori comuni che rendano l'analisi più efficiente. I cluster di punto di vendita sono aggregati prendendo in considerazioni variabili fisiche di superficie che impattano sulle categorie in modo similare. Questo approccio è molto basico, forse anche un po' datato ma il concetto passa da questo tipo di metrica.
Oggi però si effettuano clusterizzazioni un po' più sofisticate...
Sicuramente sì. Oggi possiamo analizzare con dettaglio e in modo anonimo, le caratteristiche di un determinato bacino di utenza di un punto di vendita. E queste variabili possono essere anche uniche o appartenenti a un cluster ristretto. Per esempio, se lo store è prossimo a un luogo di lavoro, se il bacino di utenza ha determinate caratteristiche demografiche. Ancora: qual è il livello medio di reddito, i flussi provenienti da fuori area ecc. Una corretta clusterizzazione deve affrontare una complessità a volte importante ma gestibile tranquillamente con una moderna strumentazione.
Entriamo nell'operatività di gestione assortimentale
Servono i dati e un software ad hoc. Noi di Axiante, tra le soluzioni disponibili sul mercato, proponiamo Assortment Optimization di Blue Yonder (ex Jda) in quanto offre la flessibilità necessaria. Per quanto riguarda i dati, questi sono nella disponibilità del retailer. La maggior parte sono dati di consuntivo legati al sell-out, altri sono forniti da società come Nielsen e sono di bacino e correlati a nuove referenze presentate dall'industria al mercato. A questi dati si sommano quelli dell'utente profilato in vari modi, fidelizzato con la carta. L'analisi dei dati deve generare e corrispondere a un albero decisionale. Questo significa che non si effettuano in generale valutazioni per singola categoria o sotto categoria o famiglia di prodotto, ma per una nuova classificazione appunto correlata ai bisogni con l'obiettivo di avere in assortimento almeno una referenza che soddisfi i bisogni considerati. Così diventa possibile ridurre il numero di referenze coerentemente con gli obiettivi indicati: nel momento in cui si elimina un prodotto è fondamentale comprendere quale sia la ripercussione sul resto dell'assortimento.
Rispetto alla vostra esperienza, quali risultati concreti avete generato con questo approccio?
Sicuramente un miglioramento della marginalità ma anche una riduzione degli sprechi. Anche questo aspetto è da tenere in grande considerazione. La sostenibilità oggi è un must prioritario e un assortimento ottimizzato che ruota con efficenza genera poche eccedenze. A questo si deve sommare una gestione così efficiente che non permetta mai che si verifichino rotture di stock.
Ottimizzare gli assortimenti in modo continuo forse determina risultati che vanno anche oltre l'incremento della marginalità...
Sicuramente. Perché non dobbiamo dimenticare che il centro di tutti questi discorsi è sempre il consumatore e il retailer deve impegnarsi al massimo per fargli vivere un'esperienza il più possibile positiva. Spogliando il tutto da concetti filosofici, dobbiamo far trovare al consumatore quello che cerca, nel momento in cui lo cerca, al prezzo migliore. Alla fine il retail deve fare questo e farlo al meglio.