Secondo una stima di Ismea presentata al Sana di Bologna il giro d’affari al consumo del biologico in Italia supera i 2,1 miliardi di euro nel solo canale domestico. La quota distributiva maggiore passa dalla gdo (ipermercati, supermercati, discount, libero servizio) con un fatturato nel segmento di circa 855 milioni (il 40% del valore del bio-retail), mentre le superfici specializzate si fermano a 760 milioni di euro (equivalenti al 35% del totale). Ai restanti canali le stime Ismea attribuiscono un’incidenza complessiva di quasi il 25%, rappresentata per il 10% da mercatini, vendite dirette, gruppi di acquisto solidali (Gas) e e-commerce; per l’8,9% dai negozi tradizionali e per il 5,1% dalle farmacie, cui aggiungere un ulteriore 0,6% raccolto da erboristerie e parafarmacie.
I consumi di alimenti biologici presso la gdo esprimono tassi di crescita molto sostenuti, in evidente controtendenza rispetto alle vendite di prodotti alimentari convenzionali. Dopo aver chiuso il 2014 con un incremento dell’11%, gli acquisti di food bio hanno spiccato letteralmente il volo nei primi sei mesi dell’anno in corso facendo registrare un aumento in valore vicino al 20%, che allarga ulteriormente il gap con il trend dell’agroalimentare nel complesso, fermo nello stesso periodo a un +0,1%.
I dati del panel Ismea Nielsen evidenziano poi un aumento diffuso in tutte le categorie di prodotto, le aree geografiche e canali della distruzione moderna. I comparti più dinamici si confermano i derivati dei cereali (+19% nel 2014 e +28% nella prima metà del 2015) e gli ortaggi freschi e trasformati (rispettivamente +14% e +21,8%). Tra le aree geografiche spicca il ruolo del Nord (che concentra i 2/3 degli acquisti). Segue il Centro e, a distanza, il Sud, ancora residuale ma in forte crescita nel biennio in esame. Tra i diversi format della Gdo schiacciante è il peso dei super e degli Iper, che esprimono anche i tassi di crescita più elevati.