In occasione del convegno “Panetteria: in or out of store” abbiamo sentito i pareri e i punti di vista dei retailer italiani con un focus sui singoli modelli di business sviluppati nel corso degli anni. Patron dell’evento Puratos Italia, realtà attiva nell’industria della panificazione, della pasticceria e del cioccolato, in collaborazione con Gdoweek e Mark Up.
Il retail italiano si divide tra la produzione interna dei prodotti da panificio e da pasticceria e l’acquisto da fornitori esterni, con alcune realtà che si servono del prodotto precotto per offrire un assortimento completo e di pane caldo dalla mattina fino alla chiusura del punto di vendita. Non esiste un modello di business migliore di un altro, come ha più volte sottolinea Tina Santato, Retail e QSR manger di Puratos Italia, ma punti di vista più o meno vincenti a seconda del consumatore della singola insegna o del singolo store, delle necessità, ma soprattutto delle capacità organizzative e della manodopera a disposizione.
Esselunga con la panetteria “in”
“Dove possiamo, cerchiamo di dipendere il meno possibile dal fornitore esterno ed essere meno buyer di prodotti finiti e più buyer di materie prime, per questo siamo competitor degli altri retailer, ma, in un certo sens,o anche dell’industria”. Si apre così l’intervento di Giuseppe Ferrandi, della direzione commerciale acquisti pane e dolci di Esselunga. Da anni ormai il retailer milanese si è convertito in food company, così anche i comparti di panetteria e pasticceria devono sottostare a standard elevati sia in termini di qualità, sia in termini di offerta al consumatore. “Esselunga è una realtà regionale, non nazionale. Per questo la produzione è efficace, perché la nostra visione è fare cose che gli altri non sono capaci di fare o non hanno pensato di fare -continua Ferrandi-. Siamo “costretti” in questa direzione perché se no qualcuno più bravo di noi può copiarci su una scala più grande della nostra, quella nazionale. Dovevamo trovare un punto che ci distinguesse partendo da questo assunto”.
Esselunga, quindi, punta per una buona fetta a quello che definiamo “in”, la manifattura del prodotto quanto più internamente all’azienda possibile. Lo fa grazie a un sistema di centri di produzione attorno cui nascono i negozi, non viceversa. Gli stabilimenti produttivi si trovano a Parma e a Limito di Pioltello (Mi): qui il focus sono i piatti pronti e la pasta per la pizza il cui avanzo sostanzialmente non esiste perché gli scarti divengono prodotti da panificio. A Limito di Pioltello c’è la pasticceria fresca, il punto di svolta di Esselunga: Elisenda. “La nostra pasticceria viene realizzata in un unico punto e trasportata negli altri negozi della rete: siamo gli unici in Italia che riescono a farlo e ci siamo affidati a chi sapeva più di noi, ovvero la famiglia Cerea del ristorante Da Vittorio”, spiega Ferrandi che sul pane aggiunge: “Noi non crediamo che la centralizzazione produttiva del pane sia la soluzione perché il pane deve essere venduto caldo. Per questo, dal 2006 139 dei nostri negozi ha un laboratorio con un modello di panificazione di tipo artigianale su scala ampia”.
Il modello ibrido di Maiora Despar Centro-sud
Il progetto ambizioso di Maiora Despar Centro-sud nasce due anni fa con l’apertura di due panifici a Modugno (Ba) e a Pescara con cui 17 punti di vendita vengono giornalmente riforniti e con un organico di 20 collaboratori addetti costantemente aggiornati con formazione continua. Il progetto si chiama Storie di Gusto: “L’obiettivo è quello di fidelizzare i consumatori con un marchio Despar -racconta Matteo Toro, tecnico di panetteria di Maiora Despar centro-sud-. Facciamo un prodotto sano, di qualità e che rispetti le tipicità del territorio, per questo prediligiamo materie prime locali con una produzione a lunga lievitazione”. Per avere un assortimento completo tutto il giorno, però, Maiora Despar Centro-sud si rifornisce anche di referenze precotte.
Al centro la tradizione per Piccolo
Supermercati Piccolo (Gruppo VéGé) guarda alla tradizione offrendo alla clientela prodotti da panificio che siano lo specchio delle realtà locali presidiate dall’insegna. Lato pasticceria, Piccolo propone referenze stagionali, nello specifico lo scorso Natale ha visto come protagonista il panettone alla mela annurca, mentre l’imminente Pasqua avrà la colomba pera, limone e mandarino. “Abbiamo dato vita a un progetto con la semina di 15 ettari di grano, in una zona in cui il grano mancava da tempo -spiega Michele Piccolo, fondatore e Amministratore unico dell’insegna-. A breve apriremo un nuovo punto di vendita con un mulino nel quale verrà lavorato proprio quel grano da noi coltivato. Si tratta di un progetto simbolo che sicuramente non avrà un grande apporto sull’approvvigionamento della materia prima e del prodotto finale, ma che significa tradizione”.
Mix di soluzioni per il multiformato di Conad Adriatico
Conad Adriatico ha introdotto la panetteria all’inizio degli anni Novanta grazie alla scelta di un fornitore, negli anni di picco dei franchising del pane. “La multicanalità, valore insito del nostro Gruppo, ci ha imposto un sistema multiformato -racconta Federico Stanghetta, direttore commerciale di Conad Adriatico-. Il nostro modello di business si basa su un mix di opzioni: essendo multicanali, dobbiamo adottare soluzioni diverse a seconda del format; nella prossimità non possiamo permetterci un laboratorio, ma con i super store la produzione interna assume significato”.
Non solo. Conad Adriatico, che precisa di aver compreso il trend dei pani low carb e proteici in tempi non sospetti, oltre al fornitore per la prossimità e la produzione interna per gli store più grandi, ha anche rapporti esclusivi con panifici e con l’industria artigianale per garantire il prodotto della tradizione in quei punti di vendita che lo richiedono.