Viaggio nel layout: I freschi dove li metto?

Come esaltare lo spettacolo dei freschi e freschissimi. Cosa dobbiamo aspettarci nel prossimo futuro, quando entreremo in un supermercato? Il punto di vista degli allestitori per interpretare nuove collocazioni nel layout dell’area freschi e intercettare nuovi bisogni (da Gdoweek n. 17)

L’organizzazione dell’area dei prodotti freschi nella distribuzione moderna è soggetta a spinte opposte: è frutto di una mediazione, legata com’è alla tipologia di prodotto venduto, al punto di forza specifico del singolo retailer, all’area geografica dove è ubicato il punto di vendita, alle sue dimensioni. La standardizzazione è importante per i margini ma, in realtà, ciascun negozio è diverso dall’altro, perché le variabili in gioco sono molteplici. Una cosa è certa: il ruolo dei reparti freschi sarà sempre più rilevante per il verificarsi di alcuni fattori, tra cui l’avanzare dell’online, le nuove abitudini dei Millennials e l’entrata in gioco delle generazioni post Millennials. Oggi questi reparti hanno un ruolo strategico di attrazione e di traffico, rappresentano la parte emozionale del negozio a fronte di un grocery vissuto come funzionale e razionale … e in futuro? Quali le migliori soluzioni, a livello di layout, adiacenze, complementarietà per questi reparti all’interno dei negozi?

Lo scenario è in movimento. Infatti, il percorso classico con i freschi all’ingresso non è rimasto identico nel tempo: all’inizio degli anni 2000 alcune insegne hanno provato a realizzare negozi più emozionali e scenografici, anche se meno razionali. Oggi, invece, sembra di assistere a un ritorno, pur con i necessari aggiornamenti legati al cambiamento delle abitudini di consumo. È qui che arrivano le novità, in termini espositivi, di ambientazione e anche nella comunicazione, con un unico obiettivo: semplificare la lettura del punto di vendita a fronte di un’offerta sempre più ampia e segmentata.

In quest’ottica, semplificazione è la parola chiave adottata da Inres, il consorzio nazionale che progetta le strutture di vendita di Coop. “L’approccio al percorso varia al variare delle necessità generazionali: così, i soci di lunga data sono legati a un certo modo di fare la spesa con i banchi serviti cuore dell’esperienza d’acquisto a determinarne il percorso. Al contrario, le nuove generazioni evidenziano un nuovo modo di percepire la spesa, più razionale e meno esperienziale. Per questi ultimi, la velocità dell’acquisto diventa fondamentale e vengono così privilegiati i prodotti preincartati di qualità, le aree self con i takeaway che diventano nuovi poli attrattori di un percorso alternativo che deve garantire un’esperienza semplice, veloce, e completa”. Quindi, per un’insegna multiformato come Coop, distribuita sul territorio, con un posizionamento del punto di vendita variabile rispetto al contesto, come si sta evolvendo il layout? “Il percorso dei nostri punti di vendita -precisano da Inres- rispecchia la continua ricerca di interpretare il territorio e dare la risposta giusta a un determinato contesto, senza mai perdere di vista gli obiettivi valoriali e commerciali di Coop. Questo oggi significa soprattutto semplificare. Luci e allestimenti diventano ancora più fondamentali nel delineare il percorso d’acquisto e definire le aree di vendita. Hanno entrambi un peso essenziale nella valorizzazione del prodotto esposto, che può essere illuminato in maniera più uniforme o drammatica a seconda della tipologia o del mood del negozio nel suo complesso”.

Ripercorrendo lo sviluppo storico del layout, 20 anni fa si seguiva l’approccio francese con l’ipermercato che comincia sul non food e termina con alimentari e freschi, semplicemente perché nel carrello si mettono prima le cose ingombranti e poi quelle più delicate. Poi si è sviluppata la piazza dei freschi, un modo per “vincere facile” puntando sull’impatto visivo e scenografico, oltre che sulla forza di attrazione, dell’ortofrutta. “Non esistono regole -chiarisce Enrico Manca, design director di Interstore- o meglio, le linee guida sono poche e molto basiche, qualsiasi sia il formato, dal cash & carry al negozio urbano. In tutto il mondo la tendenza è mettere i prodotti freschi all’ingresso, ma come? Con una piazza dei freschi, con frutta e verdura cui si agganciano i banchi serviti di salumi e formaggi, quindi il pesce, la carne e il pane, allontanandosi dal fresco con i vini per arrivare ai secchi nelle scaffalature. È uno schema diffuso, ma con un punto a sfavore: spezza in due il supermercato, con una parte emozionale e ricca di colori, come un vero mercato, e un’altra totalmente funzionale, nella quale si transita solo per seguire la lista della spesa. Nei progetti più recenti abbiamo cercato di rompere questa logica integrando freschi e grocery, alternando i punti di interesse a zone più neutre”. Se lo scopo è rallentare il flusso dei clienti che percorrono le corsie, una strategia consiste nel creare punti d’interesse all’interno delle stesse corsie che di per sé offrono molteplici occasioni di storytelling: pensiamo, per esempio, a una torrefazione nel reparto caffè, ma anche al biologico, al cibo dal mondo. Ma esiste un’altra possibilità: alternare scaffalature e aree emozionali con prodotti freschi. “Per esempio si può cominciare con ortofrutta e pane -spiega Manca-, proseguire con dei prodotti a scaffale, inserire quindi la carne, che porta tensione lungo il perimetro del negozio, inserendo in maniera alternata scaffalature più basse proseguendo, con alti e bassi che aiutano a tenere unito l’assortimento”.

Ma come declinare l’ordine delle merceologie? In funzione del cliente e dei punti di forza del retailer: potrebbe esserci un buyer forte sulla carne, oppure un produttore locale per l’ortofrutta, o il forno per il pane e il focus si sposterà di conseguenza. “Diventa sempre più importante chiedersi che prodotto stiamo vendendo -chiarisce Manca- e, successivamente, decidere come mettere in scena la storia che il prodotto si porta dietro, dimostrare che chi vende sa cosa sta vendendo. Per entusiasmare, il negozio deve essere dinamico e l’attrezzatura, quindi, deve rispondere a standard tali per cui è in grado di adattarsi ad accogliere una volta un cuoco, un’altra un evento o anche il fashion”.

Spiega Rebecca Dublino, EVP CeanColor: “Nella pratica, resiste l’idea di concentrare tutti i freschi serviti e a libero servizio in un’unica area, separati dal grocery. Se però devo immaginare cosa succederà tra 5 anni, credo che sparirà progressivamente il concetto di reparto, senza delimitazioni nette tra macelleria, gastronomia e ortofrutta per esempio. Ci sarà un’area omogenea capace di rispondere all’esigenza dei consumatori che cercano soluzioni già pronte, magari accanto agli ingredienti singoli che servono a realizzare a casa la ricetta”.

Non mancano le sfide. Per le superfici più piccole, sarà nella razionalizzazione, mentre in quelle più grandi consisterà nella costruzione di un percorso coerente che sappia presentare ai clienti tutto l’assortimento. Largo, dunque, a banchi multifunzione, nei quali trovare, in una stessa linea, tutto il freddo fino al prodotto pronto e caldo, a portata di mano. “Il lavoro non sarà tanto sulle attrezzature quanto sull’assortimento -prosegue Dublino-: servirà capire bene l’offerta chiave di ciascun negozio e di ogni insegna”. Una flessibilità e una ricchezza che dovranno riflettersi anche negli addetti alla vendita.

Una perifrasi può sintetizzare questa esigenza di flessibilità nella risposta alle esigenze più varie della clientela: per Enrico Manca, vuol dire “big shop”. “Con questo termine -sottolinea il manager- intendo una shopping experience capace di attrarre sia la persona più raffinata con alta capacità di spesa e tempo per interagire, sia quella che ha fretta, poco denaro e sa già cosa acquistare. Il futuro favorirà punti di vendita multilivello, che abbatteranno le barriere tra cliente e banconista specializzato, con diversi livelli di prezzo e qualità sullo stesso banco”.

Un concetto che implica un nuovo ruolo (e molto lavoro di formazione) anche sul personale, che non dovrà più nascondersi dietro al banco, ma essere a fianco del cliente. “Si tratta di spingere al massimo il servizio one to one, reso sostenibile grazie a un profondo lavoro sulla gestione del prodotto e del personale”. La proposizione dei prodotti freschi presenta e sempre più presenterà grande complessità di gestione dunque, per accontentare molti, se non tutti. Avrà dalla propria il sostegno della tecnologia ma sarà teatralizzata e rappresentata dalla fisicità e dalla presenza umana.

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