Come ogni anno, l’Ufficio studi di Fipe ha scattato una fotografia sullo stato di salute della ristorazione e dei pubblici esercizi, un mondo che assomma 334.000 esercizi fra bar, ristoranti, mense e catering, discoteche, stabilimenti balneari e fornitura di pasti preparati. L’occupazione nel settore è tornata ai livelli del 2019 con 987.000 addetti, ma il 60% degli imprenditori lamenta grossi problemi nel reperimento di personale. Nel trimestre in corso il settore ha bisogno di oltre 150.000 addetti e le difficoltà a trovarli è notevole. Non è un tema nuovo: fra le ragioni di questo fenomeno, la mancanza di candidati, soprattutto di personale di sala, carenza che rischia di frenare il percorso positivo della ristorazione, sul quale influisce anche il crescente aumento dei consumi fuori casa: la spesa prevista per il 2023 sarà infatti di 89,6 miliardi di euro correnti contro gli 83,5 miliardi del 2022: a prezzi costanti il valore 2023 è ancora sotto dei livelli pre-pandemia.
Le figure professionali più richieste sono nell'ordine: cameriere di sala (57.080), banconiere di bar (20.240), aiuto cuoco (16.550) e cuoco di ristorante (16.340).
I ristoranti e le attività di ristorazione mobile sono oltre 197.000, concentrate soprattutto in Lombardia (26.959, il 13,7% sul totale), Lazio (21.747, 11%), Campania (19.590, il 9,9%), Sicilia (16.012, l'8,1%), Veneto (14.396, 7,3%), Toscana (14.297, 7,3%) ed Emilia Romagna (14.179, 7,2%).
A proposito di occupazione e impresa, la ristorazione mantiene il suo ruolo attrattivo per l’imprenditoria femminile: l’incidenza media delle imprese guidate da donne è infatti del 21,4%. La ristorazione coinvolge anche i giovani: 1 impresa su 10 è amministrata da under 35. Se lo scenario emerso dalla ricerca Fipe sottolinea una volta ancora la centralità dei pubblici esercizi e la rilevanza delle sue 334.000 imprese per l’economia nazionale, la ristorazione, come ha sottolinea Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe, "sconta un difetto di inquadratura da parte dei media e della stessa opinione pubblica, che tendono a mettere a fuoco solo gli aspetti più sensazionalistici, trascurando le componenti valoriali, sociali ed economiche. Così, mentre si fa grande clamore sul cosiddetto toastgate, si parla poco di imprese, valore aggiunto e occupazione. Il settore oggi ha un'esposizione mediatica sempre più marcata al punto che possiamo ben dire che nessun settore è più comunicato del nostro -prosegue Stoppani-. Se questo porta con sé evidenti benefici in termini di attenzione da parte dell’opinione pubblica è altrettanto vero che nasconde anche molte insidie. Lo storytelling sulla ristorazione si ferma solo al primo livello di spettacolarizzazione, accendendo i riflettori sulla parte più narcisistica di imprenditori e consumatori o facendo prevalere gli aspetti sensazionalistici sul merito, con una distorsione della realtà, che offusca l’impegno, il sacrificio e i valori di un settore complesso e articolato, che sulla reputazione costruisce la propria esistenza”.
Nei primi nove mesi 2023 hanno avviato l’attività 8.000 imprese mentre 14.869 l’hanno cessata, con saldo negativo per 6.869 unità. Resta quindi elevato il turn over imprenditoriale nel settore. La dinamica imprenditoriale dei pubblici esercizi continua ad essere caratterizzata dallo strascico degli effetti delle restrizioni imposte per contenere la diffusione della pandemia che spiega un saldo che permane comunque negativo anche se le iscrizioni risultano in lieve ripresa rispetto all’anno precedente e le cessazioni in diminuzione.