Il problema sollevato da Peschechera non è da poco, tant’è vero che Maiora ha dedicato al tema un convegno “Formazione e innovazione sono il pilastro per il futuro”. Il presidente e Ad di Maiora, Pippo Cannillo, ha dichiarato che si tratta di un segnale forte che non deve passare inascoltato.
La distribuzione commerciale è uno dei settori a più alta densità di forza lavoro. E questo è un fatto. Non mancano, in ambito food, le proposte di corsi e master, privati e costosi, spesso legati alla sola ristorazione. Macroscopico il buco educativo sul commercio. Cassiere, banconisti, addetti di vendita (non stiamo parlando dunque di quadri e dirigenti), ma di gavetta sensata, quella che ci si aspetta di fare dopo le scuole superiori, se si vuole affrontare il mondo del lavoro. Moltissime insegne, alimentari e non, hanno una loro accademia interna, come risposta a una carenza del sistema scolastico: tanti gli istituti tecnici, dai periti meccanici, elettrotecnici, fino a quelli della moda e del design, senza che esista un istituto che insegni l’arte del vendere, che istruisca sul mondo dell’alimentazione, che formi il banconista del pesce o il macellaio oppure la commessa dell’abbigliamento o della profumeria. Da questo punto di vista, l’Università dei Sapori di Perugia sta facendo un ottimo lavoro. Anche Pollenzo ha, dalla sua, corsi interessanti, ma siamo ancora nel privato. Forse è arrivato il momento di dare un’opportunità ai giovanissimi, all’interno della scuola pubblica superiore o professionale che, per altro, è un modo valido per incrociare offerta e domanda di lavoro in ambiti dove esiste un bisogno, dove c’è ricambio e possibilità di crescita.