Ripensare valori e consumi per costruire identità

Lo scenario descritto dal prof. Umberto Galimberti - ordinario di Filosofia della storia e Psicologia Dinamica, Università Ca’Foscari- alla platea de L’Incontro 2008 non è molto incoraggiante; specie se si considera che il claim di quest’edizione è Think Young e che sono proprio i giovani, secondo Galimberti, a correre i maggiori rischi di disgregazione e perdita di identità. “Oggi, l’unico grande valore si chiama denaro. Il denaro è il generatore simbolico di tutti i valori, che ci fa capire perfettamente cos’è l’utile, ma ci confonde sull’idea di bello e di giusto”, spiega Galimberti. Incalzato sulla possibilità di uscire da questo vuoto ideologico, ribatte: “Siamo abituati a pensare che l’Italia vada progressivamente verso il miglioramento, ma io sono più convinto che si possa anche  regredire. E la condizione giovanile nasce proprio da questa regressione dell’umanità”, che capisce l’amore attraverso i regali e gli oggetti, comunica con internet, cerca la propria identità attraverso il possesso.

 “Non dobbiamo dimenticare che l’acquisto e il consumo sono spesso una via per lenire la depressione e che chi è felice non consuma”. Una via  praticabile per formare individui dall’identità forte e definita è dimostrare interesse per il bambino costruire intorno a  lui un nucleo caldo e rassicurante, di riconoscimento, sin dalla prima infanzia. “Dobbiamo mostrarci
interessati alle domande dei nostri figli e non occuparci di loro solo per rimproverarli quando fanno rumore e ci infastidiscono. Diversamente, i ragazzi andranno a cercarsi un riconoscimento nel branco, nella discoteca, dove possono costruirsi un’identità”.

Serve, quindi, un ripensamento anche dei luoghi di socializzazione: “Penso alle scuole aperte sino a  mezzanotte, che potrebbero diventare spazi di gioco, di incontro, di divertimento anche, ma sicuri. Se, invece, con la desertificazione delle città, i centri commerciali restano l’unico luogo di relazione, la merce diventa veicolo sociale e il mondo si riduce a un luogo in cui il tempo è cadenzato dalla pubblicità, che rende obsoleti gli oggetti nel minor tempo possibile, stimolando il desiderio continuo di qualcosa di nuovo”.

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