Ha fatto notizia l’apertura di Amazon Go, bellissimo, senza dubbio, ma anche costosissimo e irraggiungibile per chi con il retail brick&mortar ci vive. Si ha la sensazione che Amazon corra su una sua corsia preferenziale, dove non incontra gli ostacoli in cui gli altri inciampano e rallentano. A partire dalla Borsa che premia le sue mission impossible, ma non è altrettanto fiduciosa con gli altri big quotati, che ad ogni cedimento vedono gli azionisti tremare e frenare. E non è solo il mercato azionario a fare differenze: infatti se, a prescindere dal costo, qualche insegna decidesse di seguire l’esempio di Amazon Go si troverebbe a perdere i clienti più anziani che mal si adatterebbero ad un modello di shopping così diverso e quindi l’insegna in questione si troverebbe in una situazione di perdita doppia (più costi meno clienti). Poi c’è il consumatore, attentissimo a prezzi e promozioni, che (almeno negli Stati Uniti) ormai ha messo Amazon in un’altra categoria e quindi nessuno discute sul rialzo del prezzo della membership Prime (portata da 11 a 13 dollari al mese, +18%) e sull’aumento delle commissioni ai venditori ... c’è chi parla di addiction, chi spera sia una moda passeggera. Forse è tempo di una riflessione più seria.
Amazon gioca su un altro campo, ma con gli stessi giocatori. L'editoriale della direttrice Cristina Lazzati (da Gdoweek n. 3)