Nel 2014 si è ridotta, per la prima volta, l'area di vendita del dettaglio italiano: il mercato distributivo nazionale ha registrato la più consistente diminuzione nel numero di negozi al dettaglio dall'inizio della crisi. Il saldo tra aperture e chiusure visualizza un taglio di poco meno di 8.000 punti di vendita, l'1% dell'intera rete nazionale in sede fissa, pari a una perdita di quasi 590.000 mq in un solo anno: è come se sparisse tutta l'area di vendita della Basilicata.
Il successo è...agli estremi
Il Rapporto Coop evidenzia due dati che lasciano intravedere un vero e proprio trend del futuro: il successo delle forme di commercio più tradizionali e storiche come l'ambulantato (+3,1%) o, al contrario, le opzioni più "state-of-the-art" come l'e-Commerce che viaggia a +11% in termini di nuovi "pureplayer" (1.383).
Quindi: la perdita di 7.887 punti di vendita al dettaglio è più che compensata dalle nuove 5.697 attività ambulanti e dai 1.383 retailer via Internet. Se aggiungiamo i 1.188 negozi alimentari specializzati (+1,3%) il saldo ritorna più che positivo.
Aumentano gli imprenditori non italiani
In Italia chiudono i negozi, ma ne aprono altrettanti, se non di più ad opera di cittadini non italiani. Le attività commerciali gestite in forma d'impresa individuale da extracomunitari sono ormai 150.000, oltre il 15% del totale, e la metà di essi provengono da Cina e Marocco.
Non-food in sofferenza
I comparti merceologici che hanno sofferto di più sono (variazioni tendenziali a prezzi correnti) informatica-telecom-telefonia (-2,8%), cartoleria-libri-giornali-riviste (-2,8%), altri prodotti (gioiellerie, orologerie) con -2,3%, generi casalinghi durevoli e non (-1,4%), a fronte di una media negativa dell'1,1% per gli alimentari e dell'1,2% per i non-alimentari.
Nei primi 6 mesi 2015 c'è una leggera ripresa per tutti i comparti tranne i casalinghi (-0,6%), i libri e le riviste (-0,8%) e gli altri prodotti (-0,2%).
Gdo: in Italia mercato più libero e aperto
Restringendo il focus alla Gdo balzano agli occhi, dall'infografica del Rapporto Coop, alcuni dati fondamentali e peculiari della struttura distributiva italiana:
1) l'apertura del nostro mercato rispetto ad altri paesi dell'Ue. Da noi la quota di mercato dei primi 3 operatori della Gdo è del 34% contro il 61% del Regno Unito e della Germania, il 54% della Spagna e il 53% della Francia. Il nostro è quindi un mercato più pluralista, variegato nelle tipologie, con maggiori opzioni di consumo e acquisto. E speriamo che duri.
2) Coop evidenzia la differenza-baratro in termini di redditività (Roe) tra industria e distribuzione: nel 2014 il Roe della Gdo è 0,2% contro il 7% dell'industria alimentare. Nel periodo 2005-2007 il rapporto era 6,1% (Gdo) e 7,9%, e nel 2008-2010 0,7% e 8,2%.
3) I dati confermano la crescita del discount che nel 2014 ha una quota (vendite) di mercato del 15% (era il 9% nel 2007). I supermercati nel complesso incidono per il 42% sul mercato con una prevalenza del formato 800-1.499 mq (16%) e un peso (13%) egualmente ripartito tra le taglie 400-799 mq e 1.500-2.499 mq.
Produttività: in calo per tutti tranne i superstore
Un altro canale che non accusa pesantemente la crisi sembra quello del superstore: questo formato (2.500-4.499 mq) ha un'incidenza del 14% sul mercato (era l'11% nel 2007). In termini di produttività (euro/mq) superstore e discount fuoriescono dal trend con persistente segno negativo tipico degli altri formati: il primo aumenta la produttività 2014 passando a 8.254 euro/mq contro gli 8.046 del 2011.
Il canale discount registra una lieve flessione, ma è sostanzialmente stabile (4.724 euro/mq nel 2011 vs 4.641 nel 2014), mentre è calo non proprio leggero per ipermercati (6.120 euro/mq vs 6.701) e il libero servizio (3.598 euro vs 3.941). Stabili invece i supermercati con valori in flessione quasi impercettibile (5.334 euro/mq vs 5.377).
Un fenomeno interessante -noto agli addetti ai lavori, ma molto meno ai consumatori- è che le superfici di vendita sono aumentate più dei consumi: dal 2003 al 2014 l'area di vendita complessiva è cresciuta di oltre il 30% a fronte di un dimagrimento consistente dei consumi alimentari (-42%).