Chiusure obbligate nei festivi: Confimprese ribadisce il suo no

Si sta profilando sempre più vicina l’approvazione del Ddl 1629 che prevede la chiusura obbligatoria dei negozi per 12 giorni festivi all'anno. Contro questo provvedimento di legge, e più in generale sul tema delle limitazioni normative all'attività commerciale, le due principali organizzazioni del commercio moderno, FederdistribuzioneConfimprese, stanno conducendo una forte opposizione. Confimprese è andata in Commissione Senato il 9 luglio per ribadire il suo no e la sua posizione, anche se, questo è il sentore, il provvedimento sarà alla fine approvato "proprio in un momento - aggiunge Mario Resca, presidente Confimprese - in cui a Londra il ministro del tesoro George Osborne ha annunciato che cancellerà la norma che impone ai negozi di rimanere aperti la domenica solo 6 ore".

In estrema sintesi il provvedimento in discussione al Senato (Commissione X) propone:

  • 12 chiusure festive l’anno con possibilità di derogare per il singolo esercente a 6 giornate previa segnalazione al Comune competente per territorio
  • Discriminazione tra settori merceologici: la norma si applicherebbe solo ad alcune categorie quali abbigliamento, accessori, calzature, gioiellerie, articoli casa, telefonie, profumerie e servizi alla persona
  • Applicazione del ddl anche ai Comuni a vocazione turistica

In Italia il Consiglio di Stato ha ribadito che il tema degli orari rientra a pieno titolo nella materia della concorrenza, che è di competenza esclusiva dello Stato (sentenze n.2746 e 2747 del 27 maggio 2014). L’Antitrust ha già espresso, in occasione dell’audizione tenutasi il 1° luglio presso la Commissione X del Senato, parere sfavorevole sul ddl 1629, che reintroduce vincoli  contrari al principio del libero svolgimento delle attività commerciali. Ha evidenziato in particolare che l’orario di apertura dei negozi costituisce – insieme al prezzo e alle altre caratteristiche del servizio - una leva concorrenziale.

Conseguenze del Ddl 1629 sulle imprese del commercio al dettaglio

Mario Resca ha spiegato il perché del suo no al ddl 1629: "l’attuale normativa in materia di orari di apertura degli esercizi commerciali contraddice la necessità di stimolare i consumi e comporterebbe un minor fatturato per le imprese. Da uno studio realizzato tra gli associati Confimprese emerge, infatti, che alcune giornate festive per cui si prevede l’obbligo di chiusura (6 gennaio, 25 aprile, lunedì di Pasqua, 1 maggio, 2 giugno, 1 novembre, 8 dicembre) valgono complessivamente il 4% del fatturato annuale. Dato che il fatturato medio annuo di una rete nostra associata per il mercato italiano si aggira intorno ai 200 milioni di euro, la chiusura nelle giornate di cui sopra comporterebbe una riduzione media del fatturato di circa 8 milioni di euro ad azienda".

"Provvedimento discriminatorio"

Resca prosegue precisando che il provvedimento è discriminatorio solo nei confronti di alcuni settori merceologici quali abbigliamento e accessori, calzature, gioiellerie, articoli casa, telefonia, profumerie e servizi alla persona, ma non si applicherebbe invece alle merceologie previste dall’art. 13 comma 1 del D.Lgs. 114/98, quali arredo, libri, elettronica di consumo e bricolage e attività di somministrazione di alimenti e bevande.

Serrande abbassate in 12 festività che scendono a 6 per gli effetti della deroga

Il ddl 1629 si compone di 4 articoli, dal 1° articolo che roprtiamo integralmente e che tocca delle disposizioni in materia di orari di apertura degli esercizi commerciali fino al 4° che prevede l'istituzione di "un Fondo per il sostegno delle microimprese attive nel settore del commercio al dettaglio". Gli articoli 2 e 3 trattano degli accordi territoriali e dei poteri dei sindaci.

Ecco cosa recita l'articolo 1:

"All'articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, la lettera d-bis) è sostituita dalla seguente:

«d-bis) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l'obbligo della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell'esercizio nonché quello di chiusura domenicale e festiva, ad eccezione dei seguenti giorni:

1) il 1º gennaio, primo giorno dell'anno;

2) il 6 gennaio, festa dell'Epifania;

3) il 25 aprile, anniversario della Liberazione;

4) la domenica di Pasqua;

5) il lunedì dopo Pasqua;

6) il 1º maggio, festa del lavoro;

7) il 2 giugno, festa della Repubblica;

8) il 15 agosto, festa dell'Assunzione della beata Vergine Maria;

9) il 1º novembre, festa di Ognissanti;

10) l'8 dicembre, festa dell'Immacolata Concezione;

11) il 25 dicembre, festa di Natale;

12) il 26 dicembre, festa di santo Stefano»;

b) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

«1-bis. Ciascun esercente l'attività di vendita al dettaglio può liberamente derogare alle disposizioni di cui al comma 1, lettera d-bis), fino ad un massimo di sei giorni di chiusura obbligatoria, dandone preventiva comunicazione al comune competente per territorio secondo termini e modalità stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanare, sentita l'Associazione nazionale dei comuni italiani, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.

1-ter. Le tipologie di attività di cui all'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e le attività di somministrazione di alimenti e bevande non sono soggette ad alcun obbligo di chiusura domenicale o festiva».

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano a decorrere dal 1º gennaio dell'anno successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge".

 

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