Il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach sosteneva che
un popolo può migliorare migliorando la propria
alimentazione: rivelatore è il titolo di uno scritto del
1862, Il mistero del sacrificio o l'uomo è ciò che
mangia, che suggerisce un'unità inscindibile fra
psiche e corpo, intendendo esprimere il concetto
che per pensare meglio ci si deve alimentare meglio.
Una tesi, questa, ripresa per certi versi anche dalla
scienza moderna. “Il valore delle abitudini alimentari
italiane nel mantenere il benessere della popolazione è
indiscusso: il Seven Countries Study ha dimostrato che
le abitudini alimentari mediterranee sono le più protettive
sia per le malattie metabolico-degenerative sia per il
rischio tumori” afferma, infatti, ribadendolo ancora una
volta, Carlo Cannella, professore ordinario di Scienza
dell'alimentazione alla Facoltà di Medicina e Chirurgia
dell'Università La Sapienza di Roma, in cui è direttore
della Scuola di specializzazione in Scienza dell'Alimentazione
e presidente del Corso di Laurea di Dietista, ma
anche consulente di trasmissioni quali Superquark e
Tg2 Salute.
Dieta mediterranea, cibo della tradizione.
Uno stile alimentare adottato proprio da
tutti? E i giovani …
Difficile forzare le nuove generazioni verso la dieta mediterranea,
che certamente non mette la carne al primo
posto. Anzi, ne prevede un uso moderato, privilegiando,
invece, cibi come ortofrutta, cereali, legumi e olio d'oliva.
Ovviamente, non è facile trasferire questa cultura
alle nuove generazioni, soprattutto ora che le donne,
impegnate nel mondo del lavoro, non sono più in grado
di tramandare quelle tradizioni alimentari che hanno
portato la dieta mediterranea alla ribalta internazionale
in qualità di modello guida per una dieta sana ed equilibrata.
Intanto, la globalizzazione, pur, per certi versi,
positiva, ci sta portando a mangiare un po' tutti gli stessi
cibi, dagli identici sapori. Così da Helsinky a Tunisi, ci
si trova nel piatto il medesimo minestrone surgelato,
certamente ottimo, ma ben lungi da quelle che sono le
tradizioni locali.
Che fare allora?
Molto potrebbero fare la società, le istituzioni, i media
attraverso una corretta informazione su come alimentarsi,
focalizzandosi anche sul concetto di salvaguardia
del patrimonio della biodiversità. Da parte mia,
raccomando di tornare a frequentare almeno una volta
la settimana, quei mercatini rionali che offrono tante
opportunità di scelta di verdure locali per fare un buon
minestrone con i prodotti del nostro territorio. Anche in
famiglia, sarebbe opportuno rispolverare abitudini salutari:
rimettere al centro della tavola la fruttiera a ogni
pasto, dando il buon esempio ai figli, magari sbucciandogli
una mela.
Il ritorno al mondo rurale, in stile Slow
Food di Petrini è quindi un modello cui
guardare?
No, io ammiro molto Carlo Petrini, che tanto si è dedicato
alla salvaguardia delle tradizioni alimentari a livello
nazionale e internazionale. Come lui, ritengo che i valori
del passato vadano difesi, ma ritengo che un eccesso
in questo senso comporti il rischio di mummificare
questi prodotti trasformandoli in cibi eccessivamente
di nicchia e poco vicini alla nostra realtà. Sono, invece,
convinto che l'innovazione e il progresso tecnologico,
anche in campo alimentare, vadano considerati come
strumenti fondamentali per lo sviluppo di alimenti consoni
ai moderni stili alimentari.
Il cibo per autocurarsi: un fenomeno che il
consumatore prende sul serio. Fa bene?
Il cibo-medicina è stato preso in esame da parte
dell'Efsa: l'Autorità europea per la sicurezza alimentare,
proprio di recente, ha espresso un giudizio sulla
validità scientifica di 800 claim salutistici usati sulle
etichette e negli spot. Una parte dei pareri è già stata
pubblicata, bocciando il 66% delle 523 diciture esaminate.
Non c'è, quindi, una evidenza scientifica sulla
validità di quei prodotti che promettono di curare ora
questa disfunzione, ora un'altra. In ogni caso, ritengo
che una corretta alimentazione sia un validissimo contributo
per prevenire malattie. Il cibo non cura e non
può essere usato come medicina.
In tutto questo, gli alimenti industriali sono
necessariamente penalizzati?
No, anzi. Come dicevo anche in precedenza, l'industria
alimentare, grazie alle sua capacità di innovazione,
anche sotto il profilo tecnologico, contribuisce
allo sviluppo di prodotti in grado di soddisfare, con un
elevato grado di sicurezza, le esigenze del moderno
consumatore.
Mentre la distribuzione moderna …
La gdo ha grandi meriti indiscussi, con un'offerta amlia,
che consente di soddisfare le richieste di ogni ceto
sociale. Ma deve accettare la sfida del confronto sulla
biodiversità, che va ricercata e mantenuta attraverso un
rapporto con i produttori del territorio. E poi, “sganciandosi”
dalle politiche commerciali che non tengano in
considerazione la green economy. Un buon esempio,
tra gli altri, è la scelta di Coop rispetto all'acqua del
rubinetto di casa.
Nutrizione, well-being, biodiversità e sostenibilità
sono le tematiche dell'Expo
2015. È possibile garantire tutto ciò all'intero
pianeta?
Con una politica di programmazione, affidandosi a
esperti scientifici dei singoli settori, si potrebbero delineare
percorsi utili a questo obiettivo. Purtroppo, però, non
sono riuscito a comprendere la direzione presa dagli
organizzatori dell'Expo: il 2015 è sempre più vicino e,
anche se oggi non ne sono più il presidente, l'Inran, che
svolge attività di ricerca, informazione e promozione nel
campo degli alimenti e della nutrizione ai fini della tutela
del consumatore e del miglioramento qualitativo delle
produzioni agro-alimentari, nonostante abbia presentato
le proprie credenziali, non è mai stata finora presa in
considerazione.