Anche se la grande distribuzione inglese è una delle più concentrate al mondo, la guerra dei prezzi sta imperversando con i suoi effetti depressivi sui conti economici di aziende al top come Sainsbury's e Tesco. Quest'ultima in particolare, guidata da Dave Lewis (in foto), che ha sostituito a luglio 2014 Philip Clarke nel ruolo di ceo (chief executive officer), ha reso noto che chiuderà punti di vendita (43 non più profittevoli), metterà una croce sopra progetti di apertura di superstore, cederà asset importanti, ma non più "core", fra i quali Dunnhumby, la società di ricerche di mercato specializzata nel customer marketing orientato ai programmi di fedeltà mirati (fra i clienti Procter & Gamble e Coca Cola), che è stata valutata dagli analisti circa 2 miliardi di sterline.
Lewis ha dichiarato che taglierà mediamente del 26% i prezzi su centinaia di prodotti alimentari confezionati con marchio industriale (non private label).
Fra le cessioni di rami e società non più profittevoli o strategici, spiccano Talk Talk Telecon Group e i servizi di streaming e trasmissione a banda larga.
Il taglio dei costi generali e centrali del 30% equivale a circa 378 milioni di sterline, con perdite di posti di lavoro numericamente non precisate. Tesco darà una sforbiciata anche al capex che scenderà a 1 miliardo di sterline dagli attuali 2,7 miliardi.
Negli ultimi due anni Tesco non ha navigato in acque proprio tranquillissime. Nell'aprile 2013 Tesco ha registrato il primo calo dei profitti in quasi 20 anni, in settembre stesso anno la cessione dei supermercati Fresh & Easy, l'anno dopo c'è stata una sovra valutazione degli utili di circa 250 milioni di sterline. Nelle 19 settimane terminanti il 3 gennaio 2015 Tesco ha registrato un calo delle vendite del 2,9% a parità di perimetro.